www.bensaver.it GENESI E STORIA DI UN GRANDE OBIETTIVO. La Nikon ha prodotto, negli anni, obiettivi macro di  diversa lunghezza focale: 50mm, 55mm, 60mm, il  raro 70mm f:5 del 1958), 85mm, 105mm, 120mm, il  rarissimo 150mm f:5,6 del 1960, 200mm. Un  esercito di ottiche di grande qualità e per tutte le  applicazioni.  Il capostipite Nikon di tutte le ottiche destinate a  questo settore fu il Micro-Nikkor 5cm f:3,5 del 1956,  per il quale i progettisti della Nippon Kogaku  s'ispirarono allo Xenotar 80mm f/2.8 della Schneider  abbassando la lunghezza focale a 50mm con 5 lenti  in 4gruppi. Tuttavia, sia pure di un paio d'anni,  risulta che il Tessar 50/3.5 MACRO Contax Zeiss  Opton abbia anticipato il Nikon. Interessante il fatto  che la Nikon produsse quest'ottica anche con passo  M39 per la Leica che, a quel tempo - diversamente  dalla Zeiss - non aveva un obiettivo macro in  catalogo. Il primo 105mm micro prodotto nel 1975 dalla Nikon  ed era un f:4 . Si trattava di un pre-AI e aveva un  rapporto di riproduzione 2:1 che diventava 1:1 con  l'anello estensore PN-1 e minima distanza di messa a  fuoco a 47 cm. I numeri di serie iniziano dal 174011.  Due anni dopo (1977) usciva la versione AI - sempre  con diaframma massimo f:4 e diaframma minimo  f:32 - pressoché indistinguibile dal precedente. Lo  schema ottico è composto da 5 lenti in 3 gruppi,  passo filtri 52mm e peso 500gr. I numeri di serie AI  iniziano dal numero 186956.  Nel 1984 la Nikon lo sostituisce col più luminoso  f:2,8. Le lenti diventano 10 in 9 gruppi, il peso sale a  515gr e la qualità ottica risulta più elevata,  soprattutto con i diaframmi da f:5,6 in poi.  Trattandosi di un obiettivo AI-S è pienamente  compatibile con le reflex automatiche. I numeri di  serie iniziano dal numero 232001.   Il vantaggio del 105mm rispetto al suo fratellino più  piccolo 55mm (in seguito diventato 60mm) consiste  nella maggiore distanza di lavoro che è resa possibile per il fotografo naturalista, cosa non trascurabile in  alcune riprese dove il soggetto può sentirsi  disturbato dall'estrema vicinanza dell'obiettivo.   Nel 1990 viene presentato il primo AF- Micro Nikkor  105mm f:2,8 che, senza bisogno di anelli estensori e  in perfetto autofocus, raggiunge il traguardo del  rapporto di riproduzione 1:1. Pesa 560gr e mette a  fuoco alla distanza minima di 13,6 cm.Viene dotato  di 9 lenti in 8 gruppi, con trattamento SIC ed  elementi flottanti (CRC, ovvero close-range-  correction).   Pochi anni dopo la stessa versione viene marcata con la lettera D (AF Micro-Nikkor 105mm f:2,8D) per  integrarsi perfettamente col sistema di misurazione  esposimetrica 3D Matrix presente sulle nuove  fotocamere. Il diaframma è a sette lamelle.   Il Micro Nikkor, montato su un soffietto per la  macrofotografia, permette di raggiungere rapporti di  riproduzione davvero notevoli.  Va da sé che quanto più aumenta il tiraggio, tanto  più decade la luminosità relativa e s'impone la  necessità di illuminazioni artificiali accessorie (flash)  per poter operare con diaframmi chiusi senza  spingersi a tempi oltremodo lenti.  Giungiamo quindi all'AF-S VR Micro-Nikkor 105mm f:2,8G  IF-ED, con ben 14 lenti in 12 gruppi, con una lente ED e una col nuovo trattamento antiriflesso Nano Crystal,  stabilizzatore ottico di seconda generazione, motore di  messa a fuoco interna di tipo SIlent Wave. Diaframma a  nove lamelle arrotondate per un foro pressoché circolare,  peso che però lievita a 790gr.  Un obiettivo certamente imponente con un paraluce a  petalo in dotazione altrettanto vistoso. La prima caratteristica evidente è che con la messa a fuoco interna del gruppo ottico mobile non variano - diversamente dal vecchio modello - le dimensioni dell'obiettivo, che  mantiene il rapporto di riproduzione 1:1 già raggiunto dalle versioni AF precedenti. Come noto la sigla G identifica le  nuove ottiche sprovviste della ghiera di regolazione manuale del diaframma. La fotocamera si incarica di gestire  elettricamente questa funzione. Notevolissime le prestazioni: praticamente inesistente la  distorsione, incisione elevatissima, per risultati da campione della categoria. Lo stabilizzatore di seconda generazione (VR II) consente un guadagno di circa quattro stop (erano tre col VR I) con  maggiore sicurezza per quanto riguarda evitarsi il fastidioso problema del micromosso. Qui ci sono alcuni link per vedere delle immagini riprese con quest'obiettivo. Va da sé che, pur essendo costruito per la funzione macro fino ad 1:1, nulla vieta che possa essere impiegato per riprendere dettagli ravvicinati o come obiettivo generico vista la sua incisione notevolissima. E' - come si dice - tagliente come un rasoio. La massima qualità di  quest'ottica emerge tutta a partire  dal diaframma 8. D'altronde un obiettivo macro ha nel suo DNA l'uso ottimale a diaframmi alquanto chiusi per  inglobare la massima profondità di campo possibile.  Sebbene sia controversa la questione se lo stabilizzatore sia davvero utile per le riprese macro (la Nikon dichiara che il VR vale 4 stop da 3mt all'infinito), alcuni test paiono  dimostrare che anche a distanze ravvicinate un qualche  effetto visibile ci sia realmente.  A chi può servire questo obiettivo? Certamente al fotografo naturalista che ha bisogno di lavorare ad una distanza  maggiore di quella concessa dall'ottimo Micro 60mm. Va infine aggiunto che nel formato DX l'obiettivo diventa un 150mm. ©   S. Benvenga