www.bensaver.it C’ERA UNA VOLTA.... Quando le fotografie si facevano esclusivamente con le pellicole ed i fotografi utilizzavano fotocamere non autofocus e rigorosamente manuali, la ricerca di obiettivi come quello di cui trattiamo era uno dei sogni nel cassetto per quanti aspiravano ad un’ottica di classe e dalle prestazioni superbe. Il 180mm 2:8 univa due pregi: una certa compattezza non disgiunta dalla proverbiale robustezza delle ottiche Nikon ed una luminosità di tutto rispetto per immagini perfette anche alla massima apertura. Il 180mm, in generale, nasce come alternativa più luminosa al classico 200mm f:4 che, sebbene più “leggero” (540 gr contro i quasi 900gr del 180mm), non era esaltante nelle prestazioni e soprattutto presentava dei limiti nei casi di riprese indoor. Come noto, ogni ottica dà il meglio di sé ai diaframmi centrali ed il 200mm f:4 non faceva eccezioni. Pensare di scattare con f:8 in palestre o situazioni di scarsa luminosità significava utilizzare pellicole molto sensibili e pagare dazio per quanto riguardava la nitidezza generale. Il 180mm f:2,8 aprì una porta verso immagini di grande qualità e a diaframmi più aperti nel campo dei tele più utilizzati in generale. La qualità ad f:4 tra il 180 ed il 200mm (che ad f:4 opera alla massima apertura) non ha paragoni. L’esemplare delle fotografie è il 180 f:2.8 AIs ED. Un’obiettivo caratterizzato dalla caratteristica colorazione rossa della generosa lente frontale, in grado di essere perfettamente funzionante ( e con ottimi risultati) anche sulle reflex digitali di ultima generazione e continuare a dire la sua nonostante i molti anni che lo separano dalle ultime ottiche più tecnologiche, tra cui il 180 f:28 AFD (autofocus). L’EVOLUZIONE Il 180mm f:2,8 ( 5 lenti in 4 gruppi ed 880gr di peso) ebbe dei progenitori di luminosità minore (il primo fu un 185mm f:2,5 del 1953), ma il primo esemplare con questa apertura vide la luce nel 1970 (in particolare per fornire ai fotografi di guerra in Vietnam un’ottica luminosa, compatta e robusta in grado di assolvere a situazioni  critiche) e la produzione che continuò fino al 1881, anno in cui fu prodotta la versione AiS ED (con lenti a bassa dispersione), sempre di tipo manual focus, 5 lenti in 5 gruppi e 800 gr di peso, un alleggerimento dovuto alle nuove lenti impiegate. La produzione dell’obiettivo totalmente manuale continuò fino al dicembre 2005 ( !) anche se nel frattempo (a partire al 1986 fino ad oggi) fu introdotta la versione AF ( 8 lenti in 6 gruppi e di poco più leggera) che è oggi in commercio con la sigla AFD. Una prerogativa di qualità che a molti neofiti sfugge è quella relativa al foro del diaframma. Per semplicità diciamo che quanto più il foro si avvicina ad un cerchio perfetto, tanto più vengono eliminati fastidiosi riflessi all’interno delle lenti e si incrementa il contributo alla “plasticità” dell’immagine ed un miglior contributo dello sfocato. Il 180mm f:2.8 presenta un magnifico foro del diaframma quai circolare (mentre negli obiettivi di non eccelsa qualità in genere evidenzia un forma esagonale) che può essere visulaizzato nell’immagine che segue Un’ottica ideale per il fotogiornalismo ed il reportage, per immagini nitide e di qualità. Aggiungiamo che il 180mm nel formato APS (sulle reflex DX Nikon per intenderci) equivale ad un 270mm. Prima di concludere questa scheda è doveroso ricordare quello che in assoluto è stato il primo 180mm f:2.8 della storia: il leggendario Olympia Sonnar della Zeiss (18cm f:2,8) progettato a Jena nel 1935 per essere impiegato sulle Contax I e sulle Kine Exacta proprio per le Olimpiadi di Berlino del 1936. Un’obiettivo che risultò rivoluzionario per la straordinaria luminosità e per la qualità dell’immagine mai raggiunta prima di allora ( aggiungerei anche per molti anni a venire ) da simili lunghezze focali. Una autentica pietra miliare nel campo delle ottiche destinate alla fotografia. Il 180mm f.2:8 Nikon è chiaramente ispirato al suo illustre predecessore e lo ha superato (se non altro per effetto della introduzione di nuove lenti e processi di trattamento delle stesse). MA OGGI, HA SENSO DOTARSI DEL 180mm ? Diciamo subito che il primo concorrente diretto dell’ottica è stato certamente lo zoom AFD 80-200 f:2:8 (oggi nella versione rimodernata 70-200 f:2.8). Entrambi prodotti di straodinaria qualità e da preferirsi in quanto a versatilità giacché raggruppano una escursione focale interessante per il fotoamatore che vuole viaggiare con una o due ottiche al seguito. Ciò detto, ritengo che impiegare un’ottica fissa non sia solo un aspetto vintage che conferisce al fotografo quell’aura di asceta in cerca della perfezione assoluta. L’obiettivo fisso ha di fatto un pregio innegabile nel costringere il fotografo a muoversi per cercare il taglio migliore. Con gli zoom (che non rinnego, dato che li uso e con grande soddisfazione ) basta lavorare sulla ghiera del barilotto per avvicinare o allontanare il soggetto. Con un’ottica fissa bisogna usare i piedi e per usare i piedi occorre anche usare la testa. La testa ci dirà se vale la pena di portarsi avanti o indietro ovvero di ricercare diverse prospettive e diversi tagli fotografici. E’ un modo diverso di fotografare, forse più consapevole, in quanto costringe a “misurare” spazi e volumi in relazione all’ottica che in quel momento è montata sulla fotocamera e a decidere come relazionarsi con il soggetto. Non è un fatto trascurabile, né banale. Generazioni di fotografi hanno lavorato solo con ottiche fisse creando capolavori, segno che è lo strumento  ad essere sempre al servizio dell’idea e non al suo comando. A giudizio di molti fotografi il 180mm f.2:8 è una delle ottiche più incise e dettagliate mai prodotte. Un gioiello per certi versi unico per effetto della compattezza, solidità e qualità ottica e meccanica. Personalmente, dato un certo budget disponibile per l’acquisto, dovessi scegliere tra uno zoom mediocre ed un’ottica fissa di pregio non avrei dubbi né tentennamenti: opterei per la seconda. La qualità dell’ottica, anche in un mondo dominato dalle CPU e dai sensori inseriti nelle fotocamere, ha sempre un suo peso, e si vede. ©   S. Benvenga